Umano – è giusto un cuore?  2014

MA  Napoli

di Francesca Rinaldi

Si è chiusa recentemente a Napoli l’ultima, sorprendente mostra di LALOBA, un duo artistico (AnnaCrescenzi&RenataPetti) formatosi nel 2001 con l’intento di attivare laboratori in cui coinvolgere in un’esperienza creativa e di riqualificazione del territorio ragazzi ed adulti in un’ottica di arte partecipata dove i progetti maturano nel confronto continuo tra le idee e la fattività di matrice arcaica. 
Quella di LALOBA è un’attività artistica ispirata - e dedicata - ai luoghi intesi nella loro duplice accezione fisica e poetica: si tratta di opere (installazioni ambientali, performances, scenografie, video-installazioni, video) in cui l’interazione con il luogo avviene attraverso la ricerca del suo patrimonio naturale/culturale coniugando i vari linguaggi dell’arte e innescando un processo continuo di trasformazione e conoscenza. Nelle loro stesse parole, «la Natura è protagonista di molte nostre installazioni: la Natura, o meglio ciò che vi presiede, ciò che vi sta dietro: la natura da cui partono i messaggi che l’uomo tenta di decifrare, in cui sono implicite le leggi che la scienza cerca di scoprire. Ma anche il dolore della natura che si esprime nelle mutazioni genetiche nei fiori, nella frutta deforme e malata per colpa delle discariche abusive di rifiuti tossici e per l’inquinamento atmosferico. L’installazione Umano – è giusto un cuore? indaga il nostro presente, la co-appartenenza tra corpo e mondo, soggetto e ambiente, l’interesse e la preoccupazione per la cosa pubblica e la vita in comune, e il fenomeno di de-umanizzazione che riduce gli individui a oggetti di consumo, uguali, interscambiabili, privi di individualità, strumento, merce, estranei alla loro natura originaria. […] Noi abitiamo un luogo ma non abbiamo più coscienza che detiene le condizioni della nostra felicità, del nostro abitare la terra e il mondo». In questa ricerca performances come Rami di ossa e installazioni come Rami fossili si danno al pubblico come occasione straordinariamente efficace di riflessione sul terreno-memoria e sulla relazione uomo-luogo dove entrambi i termini del legame vivono insieme il disagio e l’angoscia di un mondo incapace di offrire ancora risorse vitali. Lo slancio suggerito da queste installazioni - al contempo rarefatte e naturalissime, concettuali e materiche, presenti e vibranti – è quello di ritrovare le condizioni naturali di vita in rapporto con la natura e con se stessi, un abitare che non significhi solo “custodire la terra” ma innescare anche il senso delle relazioni tra gli esseri umani e la responsabilità che essi devono sopportare di custodire e tutelare la stessa vita. “Gli unici miracoli possibili li fanno gli uomini con le loro azioni” ricordava Hannah Arendt quando sosteneva che un’azione rappresenta sempre qualche cosa di nuovo che si semina nel mondo: il mondo attuale è caratterizzato da una realtà violenta. Stiamo vivendo un processo involutivo e regressivo che ci toglie ‘umanità’. Le esperienze eccessive che affrontiamo hanno ancora una possibilità di rappresentazione, di trasformazione simbolica? Abbiamo ancora la possibilità di narrare la distruzione, la violenza, o anche lo spiazzamento che producono alcuni eventi? Ci è ancora possibile una loro rappresentazione psichica? Ecco allora la Natura protagonista dell’installazione: la Natura, o meglio ciò che vi presiede, ciò che vi sta dietro, la natura da cui muovono i messaggi che l’uomo tenta di decifrare, in cui sono implicite le leggi che la scienza cerca di scoprire. Secondo la puntuale annotazione delle artiste, «i Rami intrecciati tra loro definiscono spazi di vita e spazi di libertà ma sostanze tossiche penetrate nelle falde acquifere determinano mutazioni genetiche nei fiori, nella frutta deforme e malata per colpa delle discariche abusive di rifiuti tossici e per l’inquinamento atmosferico». Il dolore della natura si esprime qui anche nelle mutazioni genetiche che interessano le formiche ed altri insetti trasformati in specie di Zombie da un fungo che germoglia in modi diversi […]. Tutto questo richiama in modo concreto un sistema di contagio, controllo, decesso». Ma alla meditazione sull’esistenza bio-psicologica dell’individuo-Natura, nel corso della sua intera produzione LALOBA ha coniugato una impietosa azione di denuncia sociale: già nel 2011 l’installazione site-specific Kill PIL - Uccidi il Prodotto Interno Lordo indagava una certa idea di progresso che riduce la crescita e il progresso di una società alle dinamiche di mercato. «Il PIL misurando il valore complessivo di produzione di una nazione non tiene conto di fattori come il senso della comunità, il senso di appartenenza, la qualità della vita che pure sono fondamentali per il benessere di una comunità e per la sua crescita in senso più ampio e completo. […] Non pochi studiosi indicano misure alternative al PIL come, ad esempio, il cosiddetto “indicatore di progresso reale” o la “felicità nazionale” o ancora il “subjective well-being” per superare il paradosso di Easterlin, ovvero la costatazione paradossale che la felicità degli individui dipenda poco dalle variazioni di reddito». In questo senso l’installazione metaforica di “Kill PIL” metteva in relazione lo spaccato di una casa - costruita con rami di nocciolo intrecciati di grandi dimensioni e poggiata al pavimento su di un solo vertice, in equilibrio instabile – con un corpo umano piumato e una proiezione video che attraversava vegetazione e luoghi del nostro abitare condensati in una macchia rossa che pulsa alla ricerca di una forma. La stessa forma che l’Arte insegue per salvare il mondo dall’assenza di spirito: “Se dunque lo spirito, l’anima, la vita si ritrova in tutte le cose e secondo certi gradi, empie tutta la materia, viene certamente a essere il vero atto e la vera forma di tutte le cose. (Giordano Bruno- De la causa, principio et uno).”

Tra le più interessanti opere di LALOBA si segnalano: le installazioni “Rami Fossili” e “ L’albero della poesia” (Capriati a Volturno, con Tina de Filippo); “Rami alati” (nello showroom Alfredo Guerri); l’installazione site-specific “Kill PIL” (galleria Nuvolearte, 2011); il laboratorio Percorsi e transiti: da Rami fossili a Umano - è giusto un cuore? (al PAN di Napoli). Con il video “Nel profondo annegare io semino” vince nel 2013 l’ART I CARE Insideart contest. Tra le partecipazioni: Festival del libro d’artista a Barcellona (Spagna); rassegna “Naturarte” a Lodi (Arsenale di Bertonico, 2010); Land Art Campi Flegrei - IX Edizione - Natura naturans, con l’installazione Il punto della formica nell’erba, mostra Cib’Arti, Sarajevo Supermarket (Napoli, 2013); Mostra-Incontro Filantropia del Contemporaneo (Villa Bruno S. Giorgio a Cremano, Napoli 2014); Archivi in rovina: il passato che non passa (European Museums in an age of migrations).