Io la piuma 2011

Sarajevo Supermarket

di Silvia Sfrecola Romani I

Incendi, nuvole e fumo insieme
i bulldozers invadono
avanzano, luci lo abbagliano
pensieri feroci lo trapassano.
Dalla città si levano immondizie
Toccano le sue piume
Foglie, lettere vecchie
Fiori di alluminio e di carta.
Scesa la notte Urutáu
sceglie il nuovo territorio.
Non più eterno, vivrà giorno per giorno.
Urutáu uccello disperso,
il tuo bosco è tra i grattacieli
tra i muri di cemento 
 è il tuo nidoII

Io la piuma cerca un albero dove costruire il suo nido. Arriva da lontano, è riuscito a sfuggire ma gli danno la caccia, non trova pace. Macerie, rovine, rottami, nessun luogo è accogliente, ospitale, amichevole. Io la piuma si guarda intorno, sbigottito: che strano posto è mai questo? Dove niente vola e tutto resta a terra, per terra, immobilizzato, ancorato, saldato, al peso materiale dei corpi, delle cose, delle circostanze? Io la piuma lancia un richiamo ma nessuno risponde. Il suo è un canto solitario, che risuona come un urlo silenzioso. Nessuna risposta alla sua richiesta di aiuto, nessun verso, suono, segnale, che faccia da eco al suo appello disperato. Io la piuma è sciamano e Urutáu, è maschio e femmina, è uomo e animale, è angelo e demone. Io la piuma è lamento e preghiera, è canto e compianto, è sogno e realtà, è Astolfo ed Agilulfo, è Barone Rampante e Micromega, sospeso sul filo sottile che separa l’oggettività dall’immaginazione, l’immanenza dall’illusione.

“Una piuma può tornire una pietra se la muove la mano dell’amore” III

Io la piuma è messaggero e portavoce di un mondo in cui non l’avere ma l’essere è la massima aspirazione dei suoi abitanti. Essere in quanto tale, essere parte di tutto e come il tutto, essere dentro e fuori, essere, esserci in relazione, grazie e rispetto a se stesso ed agli altri. Un mondo in cui non l’ineluttabilità della materia ma l’equilibrio delle forze, non la fatalità del corpo ma il bilanciamento tra gravità e sospensione, non il peso e la forza (fisica, sociale, economica) ma l’essenza sono alla base della sua costituzione e della sua ragion d’essere. 

La precisione per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto
della bilancia dove si pesano le anime. Quella piuma leggera aveva nome Maat, dea della bilancia. Il geroglifico Maat indicava anche l’unità di lunghezza, i 33 cm del mattone unitario (..) IV

Se il cuore pesa di più di una piuma, non si è degni del regno di Osiride: il contrappasso di Maat è terribile ma giusto. E’ un concetto olistico di diritto e quindi di giustizia: “C’è un codice morale iscritto nel tessuto stesso della natura e del cosmo … qualsiasi cosa facciamo influisce in qualche modo su ciò che ci circonda, sulla rete della vita. Nessun aspetto della vita può essere separato dalla Comunità e dall’ambiente” v. Io la piuma è tragicamente solo ma non si arrende: dovesse costargli la vita continuerà a cercare un albero per costruire il suo nido. Io la piuma è fatto di piume ma la sua è una fragilità solo apparente. Una leggerezza che non è futilità, capriccio o superficialità ma, al contrario, levità, intelligibilità, immediatezza. Io la piuma non è l’aquilone, in balia di ogni sussurro di vento ma la libertà, fiera, di un’aquila che si libra sicura tra le correnti fendendo coraggiosamente l’aria. Io la piuma è un’idea sostenibile o piuttosto, è la sostenibile leggerezza dell’essere. 

 

I Silvia Sfrecola Romani è storico dell’arte e critico d’arte. 
II Marcia Teophilo, Amazzonia respiro del mondo, Passigli, 2005 
III Hugo von Hofmannsthal 
IV Italo Calvino, Lezioni americane, Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, ed. 2005,     pag.65 
V W. Bloom, Guarire il mondo con l’anima, in Bruno E.G. Fuoco, Il codice delle leggi morali, La Feltrinelli, 2012, pag.101